Sembra impossibile ed invece succede davvero.
In un articolo pubblicato su Science Daily il 6 Novembre 2012(1), si legge che la Dr.ssa Susan Holbeck, ha eseguito insieme ai colleghi 300.000 esperimenti su 60 tipi diversi di linee cellulari tumorali, al fine di testare circa 5000 combinazioni di 100 farmaci già normalmente utilizzati come chemioterapici. Dichiara l’infaticabile biologa:
” L’obiettivo è quello di identificare alcune combinazioni mai utilizzate di farmaci che possano essere più attive dei farmaci usati singolarmente. Dato che i farmaci testati nelle combinazioni sono tutti già approvati per l’utilizzo sull’uomo, sarebbe molto veloce tradurre queste combinazioni nella pratica clinica “(1).

Queste affermazioni, che non rappresentano un caso isolato, sono sicuramente la prova che la ricerca sul cancro non ha più nemmeno una logica, ma si affidi più che altro alla Magia, o come dice la stessa protagonista, alla fortuna.
Dovrebbe essere definito delirante, o quantomeno disperato, il proposito di combinare insieme farmaci chemioterapici al fine di ottenere la morte di cellule maligne che non si ottiene normalmente con i singoli farmaci o le combinazioni già in uso. Pensare di sperimentare in linee cellulari in vitro (cioè in laboratorio) quello che si dovrà poi applicare nel paziente, non solo non ha un razionale scientifico, ma va oltre la realtà clinica. Forse nessuno si è accorto che il cancro è caratterizzato dalla rapidissima proliferazione di cellule che sopravvivono inesorabilmente alla chemioterapia? E che raddoppiare le dosi o combinare assieme due o più farmaci, invece che iniettarli singolarmente, equivale a trattare il paziente non con un atto terapeutico ragionato ma, come ha scritto il giornalista Bill Frezza, a “(…) curare il cancro lanciando gli spaghetti contro il muro (2)”? La logica di questo approccio, che utilizza farmaci già sul mercato e che favorisce un rapido utilizzo delle combinazioni nella clinica, accorciando così i tempi, è equivalente a quanto afferma Harvey Bigelsen:
“ Se una persona, dopo aver perso una moneta nella notte buia, va a cercarla a due isolati di distanza perché solo in quel punto c’è un lampione sulla strada, allora io non mi meraviglio che non la trovi. Hanno la chemio e vogliono imporre solo quella. Ma allora non possono pretendere di trovare la soluzione (3)”.
Ed infatti, dopo 50 anni, ancora non l’hanno trovata. Bill Frezza afferma a tal riguardo: “(…) se per qualche miracolo una qualunque casuale combinazione di farmaci dovesse riuscire a permettere ai pazienti di morire in 12 mesi invece che in 10, sarebbe da considerarsi una vittoria? (2)”.
Mi trovo necessariamente d’accordo con lui e con un’ultima sua analisi: possibile che sia benevolmente accettata una strategia di ricerca che in 50 anni, e con una spesa iperbolica, non abbia nemmeno prodotto una terapia funzionante e senza effetti mortali? Eppure l’eminente oncologo Cornelius Rhoads annunciava sul Denver Post del 3 ottobre 1953: “ Sono convinto che nel prossimo decennio avremo un chemioterapico attivo contro il cancro, come la penicillina lo è per le infezioni batteriche (4)”. Evidentemente non è stato un buon profeta.
“ E allora che cosa stiamo aspettando? – si chiede ancora Bill Frezza (ed io con lui) – Che si arrivi al giorno in cui il cancro diventerà la prima causa di morte negli USA? Se è così, non manca poi molto (2)”, visto che è già la seconda causa di morte nel mondo civilizzato.
L’incredibile anomalia, applicabile a tutta la terapia medica, sta nel trattare il cancro, malattia metabolica e dalla causa spesso infettiva, con farmaci chemioterapici, che da una parte annientano la capacità immunitaria e dall’altro distruggono anche le cellule sane, producendo una tossicità insopportabile per l’intero sistema corporeo. L’unico blando razionale d’uso della chemioterapia è, infatti, dovuto proprio al suo effetto distruttivo sul DNA cellulare. La speranza (spesso vana) è che le cellule di cancro siano più sensibili di quelle sane agli effetti tossici dei chemioterapici, in modo che queste ultime possano resistere, o meglio ‘arrancare’, finché il tumore sia regredito.
Avete mai visto un paziente stare bene dopo una flebo di chemioterapico? In effetti i risultati sono proprio quelli previsti, vale a dire danno cellulare anche alle cellule sane, che spesso muoiono o vedono danneggiato il proprio DNA, diventando esse stesse cellule di cancro. Questo avviene soprattutto perché niente viene detto ai pazienti su come evitare che la loro alimentazione foraggi e addirittura stimoli la conversione metabolica delle cellule sane in cancro. Tutto ciò per dire che se un paziente ha già il cancro significa che ha già innescato il meccanismo cronico metabolico-infiammatorio ‘adatto’ a produrre la sua malattia, e si è ammalato proprio perché, in queste condizioni ‘ideali’, è venuto a contatto con sostanze chimiche, col fumo, l’alcool, le infezioni virali o batteriche(5), le radiazioni, etc.
Se quindi un paziente che già presenta queste condizioni metaboliche viene trattato con chemioterapici, non potrà fare altro che trasformare altre cellule sane in cellule di cancro. A sostegno di ciò, e contrariamente a quello che l’Oncologia continua testardamente a sostenere, il problema non è la mutazione genetica del DNA, ovvero la cellula non impazzisce perché muta. Nelle normali cellule del nostro organismo si sono infatti trovati numerosi oncogeni; se queste cellule, tuttavia, restano differenziate e non degenerano, è perché il sistema metabolico dell’intero organismo (e non di questo o quell’organo) mantiene ‘spenti’, cioè inattivati, questi oncogeni. Quando invece le condizioni metaboliche stimolano l’accensione di questi geni, la cellula ‘regredisce’ ad una forma ancestrale, simile a quelle degli organismi unicellulari, indifferenziata e sempre alla ricerca di spazio per proliferare, divenendo cioè cancerosa.
Se l’elevato rischio di recidiva indotto dal chemioterapico non dovesse essere per voi abbondantemente bastevole, non bisogna obliare il fatto che, grazie all’azione del farmaco, spesso muoiono solo le cellule più deboli della massa maligna, mentre quelle più forti, anche grazie al ‘sacrificio’ delle consorelle, hanno il tempo di produrre la strategia biochimica adatta a proteggersi dal chemioterapico stesso, diventando cioè più resistenti, quasi cellule ‘immortali’, ovvero inattaccabili dai farmaci e più aggressive.
Seriamente questa situazione va bene a tutti? I risultati parlano da soli: la chemioterapia, da 50 anni, funziona solo su limitati tipi di cancro; perché allora la si utilizza sempre e comunque? Perché terrorizzare i pazienti affermando “ Il protocollo prevede che si faccia così: per me o per un mio parente, io vorrei che si facesse il possibile. Se non fa la chemioterapia il rischio è grosso ”?
Da pazienti oncologici, avete mai richiesto al vostro oncologo la visione dei risultati statistici? Vi ha mai dato solide basi scientifiche su cui ragionare? Perché nessuno mai considera il legame tra cancro ed infiammazione cronica, oramai stabilito in modo indiscutibile? (6-9).
Dovrebbe essere ormai noto che l’infiammazione cronica costituisce la principale causa di cancro. A sostegno di ciò, basti pensare che i mediatori chimici dell’infiammazione, citochine, chemiochine e prostaglandine, solo per citarne alcuni, vengono impiegati dalle cellule cancerose per replicarsi e farsi strada nel tessuto connettivale dell’organo colpito, in modo da riuscire a metastatizzare, ovvero a diffondersi ad altri tessuti(10,11). Tra le cause dell’infiammazione cronica va ricordato in primis il fattore metabolico, legato all’iperinsulinemia cronica indotta dall’assunzione di zucchero o amido(12,13,14), ma anche numerose malattie batteriche, virali, parassitarie, irritanti chimici e particelle non digeribili possono determinarla. Tanto più a lungo l’infiammazione permane, tanto maggiore è il rischio di contrarre il cancro(15,16).
Finalmente, dopo 50 anni di ricerca indirizzata ai farmaci e alla genetica della cellula cancerosa, una pietra miliare è stata posta nella battaglia contro il cancro grazie al libro “Cancer as a Metabolic Disease” di Thomas Seyfired: in modo razionale, scientificamente sensato e provato, egli ci illustra che la causa del cancro non è genetica bensì metabolica e va ricercata nel citoplasma della cellula, non nel suo nucleo.
Un ricercatore del calibro di Stephen B. Strum, oncologo membro dell’ASCO (American Society of Clinical Oncology) dal 1975, con oltre 30 anni di esperienza clinica e 50 di ricerca, descrive il succitato libro in questo modo: “ Cancer as a Metabolic Disease è il più importante libro che abbia letto negli ultimi 50 anni in campo oncologico. Dovrebbe essere obbligatoria la sua lettura per tutti gli oncologi, i medici in generale, i ricercatori in campo oncologico, gli studenti di medicina. Non posso nemmeno stimare il prezioso contributo che Thomas Seyfried ci ha dato scrivendo questo capolavoro”.
Perché i ricercatori si incaponiscono, allora, nello sperimentare combinazioni di farmaci nuovi e vecchi invece di dirigere sforzi e quattrini verso la ricerca della causa del cancro?
La FDA Americana ha approvato 92 nuovi farmaci per il cancro negli ultimi 7 anni(17). E non è poi passato molto tempo da quando questi promettentissimi farmaci progettati per impedire la crescita del cancro si sono dimostrati tanto inutili quanto costosi. Se fossero esclusivamente inutili, si potrebbe anche passare sopra il loro altissimo costo. Il problema è che danneggiano più del cancro stesso. Il Vemurafenib, ad esempio, un costosissimo farmaco che ‘colliqua’ il melanoma metastatico, inibendo la mutazione genetica BRAF in sole 2 settimane, alla prova dei fatti, produce dopo sei mesi un nuovo melanoma, molto più maligno del precedente (la Vitamina D3 prodotta dalla pelle durante l’esposizione al sole ha un effetto protettivo fantastico sul melanoma(18) e sulla mortalità in generale(19): pecca soltanto nell’essere pressoché gratuita). Tre mesi di sopravvivenza in più per questi pazienti, nella migliore delle ipotesi, non ritengo possano giustificare l’iniziale entusiasmo e il battage pubblicitario (oltre che il costo altissimo del farmaco) che ne ha preceduto il lancio, dando una falsa speranza ai pazienti con melanoma di questo tipo (il 50 percento di tutti i melanomi metastatici). Non voglio parlare di altrettanti farmaci ‘promettenti’, celermente lanciati sul mercato, e dagli effetti disastrosi, come Avastin(20), Tarceva, etc. Alcuni chemioterapici sono talmente tossici che dovrebbero essere usati in dosi infinitesimali e in questo caso non avrebbero effetto alcuno sulle cellule. Il problema più serio del combinare i farmaci come si è proposta di fare la geniale Dr.ssa Susan Holbeck, è quello che sarebbe impossibile utilizzare questi accostamenti nella clinica ospedaliera, in quanto essi, mortali per cancro e paziente, amplificherebbero gli effetti verso tutte le cellule (un conto è testarli sulle linee cellulari in laboratorio ed un altro è ‘sperimentarli’ su un paziente: ancora c’è chi si illude che si abbiano i medesimi risultati. Le cellule in laboratorio, infatti, centinaia di replicazioni dopo, non avranno nemmeno la più vaga somiglianza con le cellule dello stesso tumore di un paziente ‘reale’).
Lo stallo nella ricerca è dunque totale. Non sono l’unico a dirlo.
Un centinaio di specialisti riunitisi in un recente congresso mondiale di oncologia (WOF – World of Oncology Forum – Ottobre 2012) (21) svoltosi a Lugano, in Svizzera, hanno convenuto sul fatto che presto sarà necessario iniziare a contrastare concretamente il cancro. Sulla base dell’evidenza, infatti, i partecipanti al congresso hanno ammesso che:

  • le strategie attualmente impiegate non funzionano (già è notevole che se ne siano accorti),
  • i cancri prevenibili non sono prevenuti,
  • i pazienti soffrono e muoiono anche per cancri prevenibili e curabili,
  • il modello per lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche non è utile allo scopo e necessita di un radicale ripensamento(22).

Alla conclusione della due giorni di lavoro, gli esperti hanno redatto un documento in forma scritta, in 10 punti, in cui chiedono con forza ai Governi di intervenire con decisione per la risoluzione del problema (STOP CANCER NOW!) (23). Da allora sono passati ancora 6 anni. E la situazione è ancora la stessa.
E allora, dopo miliardi di dollari donati alla Ricerca sul Cancro, dove sono i pazienti guariti? Dove sono i risultati? Gli Americani spendono 25 milioni di dollari ogni anno in cure per il cancro. Di certo, mischiare i farmaci non abbasserà la spesa, anzi la moltiplicherà per valori infiniti. L’OMS ha predetto che entro il 2030 saranno 22 milioni gli uomini, le donne ed i bambini con diagnosi di cancro ogni anno e 13 milioni di questi moriranno a causa della malattia(24). I numeri nel mondo e nel nostro paese non affermano che sia stata attivata una buona prevenzione, né che la terapia salverà molte vite e neppure che gli Oncologi Italiani siano su una strada migliore, sono sulla stessa, buia, via a cercare un lampione che faccia luce a caso.
Io penso che l’offrire, nella migliore delle ipotesi, una-due settimane di vita in più ad un paziente (che probabilmente è già molto contento di questo risultato) non possa giustificare il grave peggioramento del suo stato di salute.
Il cancro è una malattia del paziente, sistemica, e non di un suo organo. La vera strategia di battaglia contro il cancro deve essere preventiva, nella detossificazione dalle tossine che accumuliamo, nel correggere il modo in cui mangiamo, nel recupero della fisiologica produzione di infiammazione, nel sostegno al nostro sistema immunitario e non nella sua distruzione, come avviene durante un ciclo di chemioterapia.

Riferimenti

1. http://www.sciencedaily.com/releases/2012/11/121106191736.htm
2. http://www.bio-itworld.com/2012/11/30/curing-cancer-throwing-spaghetti-at-wall.html
3. https://harveybigelsen.wordpress.com/
4. Denver Post, 3 ottobre 1953.
5. Kuper H. et alii, Infections as a Major Preventable Cause of Human Cancer , in J. Intern. Med., 248 (2000): 171-183.
6. Balkwill F.-Mantovani A., Inflammation and Cancer: Back to Virchow?, in Lancet, 357 (2001): 539-545.
7. Mantovani A. Cancer-Related Inflammation , in Nature, 454 (2008): 436-444.
8. Coussens L.-Werb Z., Inflammation and Cancer in Nature, 420 (2002): 860-873.
9. Rakoff-Nahoum S., Why Cancer and Inflammation? , in Yale Journal of Biology and Medicine, 79 (2006): 123-130.
10. Kuper H. et Alii, Infections as a Major Preventable Cause of Human Cancer, in J. Intern. Med., 248 (2000): 171-183.
11. WAHL L. ET ALII, Tumor Associated Macrophages as Targets for Cancer Therapy, in J. Natl Cancer Inst., 90 (1998): 1583-1584.
12. Aeberli I. – Gerber P.A. – Hochuli M. et Alii, Low to Moderate Sugar – Sweetened Beverage Consumption Impairs Glucose and Lipid Metabolism and Promotes Inflammation in Healthy Young Men: a Randomized Controlled Trial, in Am. J. Clin Nutr., 94-2 (2006): 479-485.
13. Hotamisligil G.S., Inflammation and Metabolic Disorders in Nature, 444 (2006): 860-867.
14. Antoniades C. – Tousoulis D. – Marinou K. et Alii, Effects of Insulin Dependence on Inflammatory Process, Thrombotic Mechanisms and Endothelial Function, in Patients with Type 2 Diabetes Mellitus and Coronary Atherosclerosis, in Clin Cardiol., 30 (2007): 295–300.
15. Tili E. – Michaille J. J. – Wernicke D. – Alder H. – Costinean S. – Volinia S. – Croce C. M., Mutator Activity Induced by MicroRNA-155 (miR-155) Links Inflammation and Cancer, in Proceedings of the National Academy of Sciences, 108 – 12 (2011): 4908.
16. Shacter E. – Weitzman S. A., Chronic Inflammation and Cancer Review Article in Colorectal Cancer, Oncology Journal, 2002.
17. http://www.centerwatch.com/drug-information/fda-approved-drugs/therapeutic-area/12/oncology .
18. Lindqvist, P. G. – Epstein E. – Landin – Olsson M. – Ingvar C. et Alii., Avoidance of Sun Exposure is a Risk Factor for All – Cause Mortality: Results from the Melanoma in Southern Sweden Cohort, in J. Intern Med., 276 – 1 (2014): 77-86.
19. GRANT W.B., An Estimate of the Global Reduction in Mortality Rates Through Doubling Vitamin D Levels, in Eur. J. Clin. Nutr., 65 – 9 (2011) :1016-1026.
20. Hapani-SAanjaykumar et Alii, Risk of Gastrointestinal Perforation in Patients with Cancer Treated with Bevacizumab: a Meta-Analysis in The Lancet Oncology, 10 (2009), Issue 6: 559 – 568.
21. European School of Oncology. World Oncology Forum. Accessed February 15, 2013.
22. Wagstaff, A., Stop Cancer Now! Cancer World. Accessed February 15, 2013.
23. http://www.worldcancerday.org/sites/wcd/files/private/WOF_Statement_English_FINAL.pdf
24. World Health Organization, Cancer Statistics. (2013). Accessed February 15, 2013.