La sfida della valutazione accurata della funzione tiroidea

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Oggi parlerò di un problema “funzionale” legato indirettamente alla tiroide, ma direttamente connesso alla sua area di intervento, evitando di approfondire le patologie intrinseche dell’organo endocrino. Troppo spesso trascurata, questa problematica determina un approccio terapeutico-farmacologico non corretto, non solo inefficace, ma addirittura dannoso. Quando ci rendiamo conto di essere ingrassati, solitamente chiediamo al nostro medico di base di prescriverci gli esami per controllare la funzione tiroidea. La tiroide è nota per produrre sostanze chimiche che regolano il metabolismo, in particolare gli ormoni T3 (in quantità modesta ed insufficiente) e T4. Il T3 stimola il corpo a trasformare in energia i macronutrienti introdotti con il cibo: in particolare, spinge le cellule periferiche a utilizzare glucosio e ossigeno, aumentando le richieste cellulari all’aumentare della temperatura corporea e della frequenza cardiaca, che esso regola. Se tutto funziona come dovrebbe, la tiroide produce una grande quantità di energia sotto forma di calore e lavoro muscolare, a partire dal cibo introdotto. Se la tiroide non lavora correttamente, l’energia cellulare per il lavoro muscolare scarseggia (causando stanchezza) e il corpo immagazzina le scorte cellulari sotto forma di grasso anziché consumarle. Al contrario, se la tiroide funziona troppo, l’eccessiva energia che l’organismo non riesce ad utilizzare in modo efficace sotto forma di lavoro muscolare e metabolismo generale, produce un aumento della frequenza cardiaca che provoca ansia. Spesso la tiroide è il primo organo endocrino a “saltare” dopo che per anni o decenni nell’organismo si è verificata un’infiammazione metabolica cronica, influenzata da fattori ambientali, errori dietetici, inquinamento atmosferico, farmaci e alcol. Inoltre, è frequente che la tiroide funzioni correttamente, ma sia la periferia a non rispondere come dovrebbe. A livello locale, il controllo dei livelli di ormone tiroideo che raggiunge la cellula è regolato da tre diversi enzimi, chiamati deiodinasi, presenti in vari tessuti corporei: la deiodinasi di tipo I (D1) e la deiodinasi di tipo II (D2), che aumentano l’attività cellulare della tiroide convertendo il T4 (inattivo) in T3 (attivo), e la deiodinasi di tipo III (D3), che riduce l’attività cellulare della tiroide convertendo il T4 in T3 reverse (ormone anti tiroideo T3) (1-4). L’attività di ciascuno di questi enzimi varia in risposta a diverse situazioni fisiologiche. Pertanto, la quantità di T4 e T3 che si attiva nelle cellule periferiche è molto più importante dei livelli circolanti di T4 e T3, i quali forniscono poche informazioni sull’effettivo utilizzo di tali ormoni nei tessuti in cui dovrebbero agire. La D1 converte il T4 in T3 in tutto il corpo. La D1, ma non la D2, viene soppressa portando al decremento della conversione T4-T3 in risposta a stress fisiologico o emozionale (5-9), a depressione (10-13), all’aumento della massa grassa e alla resistenza leptinica (14-16), all’insulino-resistenza, all’obesità e al diabete (17-19), all’infiammazione cronica (20-24), alla fibromialgia (25, 26), al dolore cronico (27-30), all’esposizione a tossine e alla plastica (31-35). Tutti i tessuti rispondono a questi fattori con la riduzione della conversione da T4 a T3, ma non la ghiandola pituitaria (l’ipofisi), sede cerebrale della produzione di TSH, l’ormone che stimola la tiroide a produrre i suoi ormoni. L’attività della D1 è più bassa nelle femmine (36), rendendo queste ultime più facilmente sensibili all’ipotiroidismo TESSUTALE, ma non ematico, con una maggior facilità, quindi, verso l’insorgenza di problematiche come depressione, affaticamento, fibromialgia, obesità, nonostante il valore normale di TSH circolante (l’unico che viene solitamente indagato dal medico, il quale in questo caso non prenderà provvedimenti e la sintomatologia resterà). L’ormone stimolante la tiroide (il ben noto e già citato TSH) è prodotto dalla ghiandola pituitaria nell’encefalo e viene regolato dai livelli intra-pituitari di T3, i quali spesso hanno poco o nulla a che fare con i livelli di T3 presenti nelle altre cellule del corpo. Utilizzare il TSH come marcatore della distribuzione di T3 nel corpo e indirettamente come indicatore dello stato funzionale della tiroide significa assumere che i livelli di T3 nella ghiandola pituitaria siano direttamente correlati con i livelli negli altri tessuti e che aumentino o diminuiscano in relazione ai cambiamenti che i tessuti periferici mettono in atto in un numero elevato di condizioni fisiologiche o parafisiologiche. Questo, purtroppo, non corrisponde a verità, essendo dimostrato che i livelli di T3 all’interno della ghiandola pituitaria sono differenti da quelli nelle altre cellule del corpo. Oltre a quanto esposto, diversamente dal fatto che il resto viene regolato sia dalla D1 che dalla D3, la ghiandola pituitaria contiene quantità limitate di D1 e non contiene D3; in questo modo, a regolare i livelli di T3 ipofisario resta la sola D2 (37), la quale è 1000 volte più efficiente nel convertire il T4 in T3 rispetto alla D1 presente al di fuori dell’ipofisi (37, 38). In questo organo, l’80-90% del T4 è convertito in T3 (39), mentre solo il 30-50% del T4 viene convertito nella forma attiva di T3 nei tessuti periferici (40). La D2, inoltre, risponde in modo opposto rispetto alla D1 a stress fisici o emotivi, alla depressione, al sovrappeso, alla PMS, al diabete, alla resistenza leptinica, ecc. La D2, infatti, in queste condizioni aumenta all’interno dell’ipofisi la conversione del T4 in T3, mentre il resto del corpo fa esattamente il contrario, diminuendo i livelli di T3. La conseguenza di tutto ciò è che il TSH resta normale nonostante il resto del corpo sia in condizioni di ipotiroidismo. Eppure per indagare la funzionalità tiroidea ci si avvale del solo TSH. I livelli del T3 intra-ipofisario restano significativamente più elevati rispetto a tutti gli altri tessuti corporei (41, 42). In conseguenza di questo, qualora il TSH sia elevato, anche di poco, significherebbe sicuramente che il resto del corpo è in condizione di ipotiroidismo; ma, a causa della differente fisiologia dell’ipofisi rispetto alla periferia, un TSH normale non può in alcun modo essere usato come indicatore di normali livelli di T3 nelle cellule periferiche del corpo. Inoltre, mentre i livelli serici di T3 possono calare del 30% restando però entro limiti normali, i livelli di T3 tissutale possono scendere dell’80%, producendo a tutti gli effetti una condizione di ipotiroidismo non segnalata dal TSH che resta normale (43). Dunque, in presenza di una siffatta condizione, il TSH è un indicatore non adeguato a segnalare eventuali problemi tiroidei periferici e il TSH non dovrebbe essere considerato un parametro utile a stabilire se il paziente è normotiroideo, specialmente se presenta segni clinici di ipotiroidismo. Probabilmente, il valore di TSH che più di ogni altro indicherebbe una condizione di eutiroidismo (funzionamento tiroideo normale) periferico (che poi è la cosa più importante) è il valore zero o prossimo allo zero. Nel New England Journal of Medicine, Larsen et al. hanno evidenziato che l’ipofisi costituisce un organo unico con una composizione di deiodinasi completamente diversa rispetto al fegato, al rene o al resto del corpo. Pertanto, sia i livelli ematici di T3 che quelli di TSH sono inadatti come indicatori della presenza di T3 periferico (44). Poiché l’ipofisi può rispondere con modifiche nella produzione di T3 in modo del tutto indipendente, la valutazione completa e adeguata della funzione tiroidea richiede molto più di una semplice misurazione dei livelli ematici degli ormoni tiroidei. L’ipofisi è l’unico organo che non contiene D3 (45), il quale, come precedentemente menzionato, converte il T4 nel reverse T3 e concorre con la D1, che ha l’effetto opposto, cioè converte il T4 in T3 (46, 47). Il T3 reverse, inibendo l’effetto del T3, agisce impedendo che questo si leghi ai suoi recettori, annullandone perciò l’effetto (48), rallentando il metabolismo (49), sopprimendo la D1 e la conversione del T4 in T3 (50), bloccando la captazione di T4 e T3 da parte delle cellule (51), portando di fatto all’ipotiroidismo. Poiché molti tessuti possono avere quantità notevoli di D3, mentre esso è assente nell’ipofisi, l’effetto inibitore che avviene ad opera del D3 nei tessuti periferici, fino a causare ipotiroidismo, ancora una volta non viene scoperto da un mero dosaggio del TSH.

Aumenti tissutali di T3 reverse producono dunque il blocco dei recettori per il T3 periferici, i quali possono indurre uno stato di grave ipotiroidismo non registrabile dai test ematici standard (52). Poiché la somministrazione farmacologica di T4 produce solo un aumento della produzione di T3 reverse, farmaci che contengano esclusivamente T4 NON dovrebbero essere utilizzati come terapia di sostituzione ormonale tiroidea in presenza di elevati valori di T3 reverse o se vi sia la possibilità di indurre quest’ultimo evento (53); al contrario, la somministrazione di solo T3 risolverebbe il problema dell’ipotiroidismo in modo brillante (54).

Uno degli organi più importanti dove avviene la conversione del T4 in T3 è il fegato. Tuttavia, il fegato può, a sua volta, essere non propriamente funzionante a causa di infiammazione cronica o steatosi. Dunque, se il fegato, per problemi propri, non è in grado di garantire la conversione di T4 in T3, il risultato finale sarà di ipotiroidismo (almeno epatico), ma, ancora una volta, la tiroide sarà innocente. Tuttavia, come abbiamo visto, spesso l’ipofisi non riesce a registrare un ipotiroidismo periferico, quindi la situazione potrebbe restare non risolta per lungo tempo.

Focus:

La fisiologia della tiroide include l’attivazione e la disattivazione periferica degli ormoni tiroidei da parte degli enzimi deiodinasi. Risulta dunque evidente (almeno per quanto mi riguarda) che gli esami standard per la valutazione della funzione tiroidea spesso non riflettano affatto lo stato della tiroide nei tessuti del corpo e tanto meno nell’ipofisi. Questo è particolarmente vero in situazioni fisiologiche come lo stress, la depressione, l’obesità, l’infiammazione cronica, eccetera. Pare dunque inappropriato considerare livelli bassi o nel range di normalità di TSH come indicatore attendibile di normali livelli di T3 tissutale, mentre un valore ematico tendente allo zero sarebbe forse il più adatto a segnalare una adeguata presenza cellulare periferica di T3 e quindi un eutiroidismo. Consiglio dunque ai pazienti che vogliano indagare il proprio stato tiroideo di rivolgersi a uno specialista della tiroide che sappia valutare con attenzione e competenza tutti gli aspetti possibili e che non si limiti a trattare “il dato di laboratorio” al posto del paziente. La misurazione del rapporto T3 libero/T3 reverse può essere un valido test per valutare la potenziale sregolatezza delle deiodinasi, e il calcolo del metabolismo basale può essere di aiuto nella valutazione globale della funzione tiroidea.

Soluzione metabolica

Ecco alcuni suggerimenti per gestire la tua dieta e l’assunzione di integratori per la salute tiroidea:

  • Eliminare zuccheri e carboidrati derivati del frumento: ridurre l’assunzione di zuccheri e carboidrati derivati dal frumento può aiutare a stabilizzare i livelli di zucchero nel sangue e a gestire l’infiammazione.
  • Aumentare il consumo di uova: le uova sono una buona fonte di proteine e nutrienti essenziali che possono sostenere la salute generale.
  • Assumere integrazione di acido alfa lipoico e carnitina: l’acido alfa lipoico e la carnitina sono integratori noti per sostenere la funzione metabolica e la salute delle cellule.
  • Introdurre olio di cocco: l’olio di cocco contiene grassi sani che possono essere benefici per la salute generale e il metabolismo.
  • Assumere farmaco di sostituzione senza utilizzare T4: se necessario, potresti considerare l’assunzione di farmaci di sostituzione ormonale per la tiroide, evitando l’uso di T4 e cercando alternative che siano più adatte alle tue esigenze specifiche.
Fine parte 3

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